“LA CHIESA DALLE GENTI:

QUANDO E COME”

27 giugno 2020

“La chiesa dalle genti” è una espressione insolita nel nostro linguaggio comune, sta però guadagnando man mano un consenso che ce la fa applicare e riferire al Sinodo minore indetto, celebrato, compiuto e ora da applicare e attualizzare nelle nostre comunità per comprendere meglio la missione della chiesa e la sua stessa natura profonda.
Eravamo abituati a far coincidere la chiesa entro i confini della singola parrocchia, con la gente dei nostri cortili e delle nostre strade, conoscendoci tutti o quasi da vicino, appartenendo insieme alla società civile e alla chiesa dentro una forma di cristianità in cui tutti sono battezzati, sposati in chiesa, iniziati alla fede con un ritmo condiviso, quasi precostituito e ripetitivo, che si riceveva e si confermava ogni volta per abitudine indiscussa.
Gli altri erano i lontani, quindi sconosciuti e noi a poco a poco, ma talvolta con scossoni da smottamento imprevisto, illusi di poter far coincidere l’essere cristiani con l’essere occidentali, abbassando così la proposta di vita, staccati ed estranei al Kerigma originale della novità cristiana, ci siamo adattati a dichiararci ancora cristiani ma senza esserlo fino in fondo.

Fatichiamo infatti ancora a comprendere il cambiamento, però intanto “le genti sono venute” senza però trovare sempre una comunità accogliente e generosa, spesso invece sospettosa e respingente.
“Le genti sono venute” non solo da altri continenti, da altre culture, fuggendo dalla guerra e dalla violenza, ma anche dall’interno delle nostre antiche comunità, perché talvolta di generazione in generazione abbiamo sperimentato la rottura e non la continuità.
La fede infatti non si trasmette automaticamente, ma si trasmette se si riprende tutto dalla radice della fede stessa e se diventa convinta e gioiosa, grazie all’incontro personale con Gesù, vivo e presente, non stancamente ripetitiva pronti solo e spesso a lamentarci giudicando altri che pensiamo non siano come noi.
Che groviglio, che illusione, che confusione ! Dirci cristiani senza esserlo.

Intanto le nostre comunità hanno cambiato pelle e colore, perché sono cambiati gli incontri nel quotidiano, in tutti gli ambienti della vita sociale e civile, non solo perché sono venute da lontano altre persone, ma perché molti vicini si sono sradicati e dispersi, perché il legame tra fede e vita si è ulteriormente sciolto e dissolto e ci si trova tra conoscenti la cui prassi e i cui costumi sono estranei alla fede o addirittura opposti.
“Le genti” sono tutti coloro che pur vicini di casa, di parentela, di cultura occidentale, non riescono più a interpretare il vissuto nella luce della fede. Sono diventati diversi, ma non ci devono restare estranei.
“La chiesa dalle genti” è quindi espressione da allargare includendo non solo i venuti da lontano geograficamente, ma i vicini che nel frattempo hanno cambiato mentalità.
Tutto il cammino pastorale può essere inteso come cammino che fa la chiesa sempre “tratta dalle genti”, cioè da popoli diversi, ma anche da persone che pur vivendo da sempre qui
sono diventate estranee alla fede cristiana e alla vita delle nostre comunità.
La chiesa è chiamata a rivolgersi a tutti non dando per scontata l’esperienza cristiana, ma riproponendola nella sua freschezza e originalità, nella sua capacità di trasmettere il senso compiuto di tutto l’umano.

Urge che ogni donna e uomo venendo da lontano o da vicino siano raggiunti da credenti motivati rispettosi gioiosi, non mossi da proselitismo, ma pronti e capaci, nel campo che è il mondo, di dialogare fraternamente sulle questioni di fondo venendo alla luce e alla gioia nell’incontro con Cristo, luce “delle genti”, per una chiesa, la sua e nostra, sempre più “dalle genti”

Rendiamo famigliare questa espressione per comprendere come il Signore rinnova la chiesa con un nuovo paradigma pastorale acceso sempre però dal paradigma del Verbo incarnato, Cristo Gesù.

† Luigi Stucchi

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