Con questa frase inizia il brano del messaggio dei Vescovi italiani in occasione della 41a Giornata per la vita che dava il titolo alla serata di riflessione che Mons. Stucchi ha guidato l’8 febbraio 2019 a Mandello del Lario, serata proposta dal locale Centro di Aiuto alla Vita ed introdotta dalla presidente signora Paola Ciampitti.

Mons. Luigi Stucchi ha preso spunto dal documento dei Vescovi italiani per sviluppare il suo approfondimento. Vediamone insieme un passaggio importante:

“Per aprire il futuro siamo chiamati all’accoglienza della vita prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è debole, minacciata e bisognosa dell’essenziale. Nello stesso tempo ci è chiesta la cura di chi soffre per la malattia, per la violenza subita o per l’emarginazione, con il rispetto dovuto a ogni essere umano quando si presenta fragile. La vita fragile si genera in un abbraccio: «La difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo».“

e la sua conclusione:

“Incoraggiamo quindi la comunità cristiana e la società civile ad accogliere, custodire e promuovere la vita umana dal concepimento al suo naturale termine. Il futuro inizia oggi: è un investimento nel presente, con la certezza che «la vita è sempre un bene»[1], per noi e per i nostri figli. Per tutti. E’ un bene desiderabile e conseguibile.”

Per chi volesse consultare tutto il documento, ne proponiamo il testo completo:

Messaggio-giornata-vita-2019

Il salone dell’oratorio del Sacro Cuore era gremito da una settantina di persone, attente e silenziose durante l’intervento del Vescovo Stucchi.

Su gentile concessione del giornale, riprendiamo l’articolo che Alberto Bottani ha scritto per il settimanale diocesano di Como:

 

Di seguito presentiamo la registrazione della riflessione di Mons. Stucchi, dopo averne trascritti alcuni passaggi che aiutano a comprenderne il senso profondo:

“… io penso che, in ordine alla vita, al suo valore, al suo significato, dobbiamo ritornare alle cose più elementari … perché ciascuno di noi abbia il coraggio e la gioia di parlare della vita con le cose più elementari. Non con grandi discorsi, grandi dibattiti, anche se la vita della democrazia civile si alimenta nel confronto, nel dibattito; io credo che l’atteggiamento che dobbiamo coltivare e diffondere in ordine alla vita deve essere un atteggiamento umile, semplice, perché la vita è un dato evidente a meno di chiudere gli occhi e il cuore, ma – di per sé – la vita è il primo, fondamentale dato evidente. Se non si recupera questa capacità disarmata e disarmante, come espressione di capacità di cogliere l’evidenza della vita come tale, non si percorre nessuna strada, non si costruisce nulla…”

“… questa fragilità intrinseca della vita – ogni papà e ogni mamma lo sa – si trova oggi nel contesto culturale, legislativo, sociale in cui operiamo, in cui dovremmo essere cittadini responsabili, prima di tutto della vita, ad essere invece un contesto che rende la vita ancora più fragile perché legislativamente, per distribuzione di risorse, civilmente, socialmente, c’è qualcosa che non mette in conto l’accoglienza come dato fondamentale della vita ma la schiaccia, la comprime, la subordina. La cultura nella quale siamo immersi è molto disinvolta a sfogliare la vita della sua dignità e del suo essere un dato evidente, un dono. … Il contesto culturale e sociale rende ancor più fragile la vita, che è fragile in sé perché, attorno alla vita, congiurano forze e mentalità contrarie, e t’accorgi che la vita si sfila via, scorre fuori quando non viene buttata fuori, passa su valori sempre meno significativi…”

“… solo se riconosco la dignità di quest’altra creatura posso riconoscere la mia dignità. Madre Teresa di Calcutta diceva: se concediamo ad una madre di distruggere la creatura che porta in grembo, come si potrà fermare la violenza che si legittima lì, lì dove c’è la persona più cara e il punto originario, sorgivo della vita?”

“… l’interruzione di un processo naturale di vita, nel luogo più importante e fondamentale che ci sia, vuol dire togliere di mezzo ciò che, invece, reggerebbe la costruzione civile e sociale, la storia di un popolo. Con motivazioni non solo religiose, ma umane, umanissime – poi le motivazioni religiose danno ancora più chiarezza e vigore all’impegno di accoglienza e tutela della vita – ma, dice bene il documento dei Vescovi: con molto realismo, se si interviene negando lo sviluppo di un processo di vita, si spegne il futuro. La custodia quindi del processo vitale dello sviluppo della vita iniziata e che deve fare tutto il suo corso, è la condizione fondamentale per il futuro.”

 

Alla riflessione di Mons. Stucchi ha fatto seguito un partecipato ed intenso dibattito, ricco di testimonianze personali di vita vissuta. Eccone la registrazione completa:

 

 

[1] San Giovanni Paolo II, Lettera enciclica “Evangelium vitae” sul valore e l’inviolabilità della vita umana, 34.