ALLA DIREZIONE de "Il RESEGONE" 1973-1986

 

 Testimonianza del "Direttore"

Era un pomeriggio d' inverno, gennaio 1973, doveva essere solo un incontro tra chi, giovane sacerdote, era impegnato nella pastorale giovanile e il Prevosto di Lecco, Mons. Enrico Assi, il quale però, prima che l'incontro iniziasse, mi chiese subito di fermarmi con lui al termine. Ignaro e sorpreso, così feci con disponibilità. A tu per tu entrò subito nel vivo del motivo del colloquio: "Il Resegone", settimanale cattolico della realtà territoriale lecchese, non ancora costituita in zona pastorale, da tempo era senza direzione a motivo della malattia di don Antonio Pergoli protrattasi già per molti mesi e non vicina alla sua guarigione. Il Prevosto Assi, appassionato sostenitore della stampa cattolica e convinto che questa può incidere anche sulla società civile se ben radicata nella visione cristiana della vita e della storia, capace quindi di assumere e interpretare situazioni e problemi, stimolando anche la responsabilità e la presenza dei cattolici nei vari ambiti civili e sociali, nonché politici e amministrativi, attestò confidenzialmente di avere chiesto all'Arcivescovo, Cardinale Giovanni Colombo, che indicasse e nominasse un prete per questo compito.

Sempre il Prevosto, che man mano andava diritto al mio cuore sorprendendomi e preoccupandomi, attestò anche la risposta del Cardinale: "È già vicino a te il prete che può assumere questa responsabilità, chiamalo e fagli questa proposta". Forse ha detto così o ha addolcito in tal modo la mia attenzione, presa da quanto mi stava cadendo sulle spalle come un peso imprevisto, lusingandomi paternamente nella mia impreparazione.

O forse è accaduto proprio così. Sta di fatto che quel colloquio e quella prospettiva mi portarono in un campo inesplorato per l'esercizio concreto della responsabilità che mi sarebbe stata affidata a partire dal mese di settembre successivo, pur essendo stato da sempre appassionato alla lettura di libri e giornali. Ma un conto è leggerli e un conto è confezionarli con ritmo settimanale, puntualmente e ben documentato in ordine a quanto accade nel territorio. Intanto i mesi passavano di corsa, la notizia di questo nuovo impegno si diffondeva fino anche alla sua comunicazione ufficiale.

La notizia stessa però, nel suo diffondersi, doveva inevitabilmente fare i conti con l'opinione pubblica nella chiesa e nella società e capitava che i miei pensieri fossero raggiunti da una precisa, quanto preoccupante e scettica considerazione in forma di domanda: "Come è possibile che uno di punto in bianco passi dalla cura dell'oratorio alla direzione di un giornale che, pur solo settimanale, godeva della sua storia e del suo prestigio fin dal 1882, senza che il nuovo responsabile avesse una specifica preparazione?" Devo riconoscere che non potevo dare torto a chi si interrogava in tal mod addirittura  con qualche sfumatura di scetticismo. Finché fu varcata la soglia della redazione all'inizio di settembre del 1973 per frequentarla quotidianamente e talvolta anche di notte fino al mese di luglio del 1986, quando il giornale stesso per scelta redazionale titolò in prima pagina la notizia della mia nomina come parroco di Tradate.

Sono passati più di trent'anni, densi di nuove esperienze e responsabilità, parroco, decano, vicario episcopale, vescovo ausiliare, ora anche emerito, li ho attraversati questi anni senza nostalgia di quanto avevo lasciato, ma non perché non mi apparteneva più. Che cosa in realtà era accaduto? Quello che accade ad ogni passaggio vero nel servizio alla chiesa: quello che lasci viene donato, ma non ti diventa estraneo, anzi cresce dentro di te mentre il tuo cuore si dilata e accoglie. Da inesperto mi era stato affidato un compito: secondo le parole del Cardinale Giovanni Colombo Il Resegone doveva essere un giornale "frontalmente cattolico" nei contenuti  e "popolare"  nel linguaggio e nella forma comunicativa.

Secondo Mons.Enrico Assi il direttore avrebbe dovuto intervenire settimanalmente con un proprio articolo di commento e interpretazione dei fatti, non stancandosi di riproporre la visione cristiana della vita e di tutto ciò che comporta la vita in tutte le sue relazioni e nelle sue complessità, non per imporre, ma per tenere sempre viva la luce che permette di non smarrire il senso di quanto accade o si vuole che accada, anzi, di rendere ancor più nitido e limpido il significato che dal Vangelo scopriamo come lo spessore e lo splendore vero dell'esistenza umana anche nella sua fragilità e nei suoi drammi. Questo ha richiesto un coinvolgimento non da tavolino, ma un confronto a tutto campo con visioni e forze diverse e spesso anche avverse e un atteggiamento con cui esporsi in prima persona senza reticenze o opportunismi.

Il patrimonio culturale legato alla visione cristiana della vita non va sottoposto a compromessi, non va disperso nel confronto tra opinioni pur legittime nello scenario della democrazia, anzi la vera democrazia sostanziale e non solo formale esige che ogni soggetto in atto doni la propria identità come contributo al bene comune, alla costruzione della casa di tutti, in primis dei più deboli, tra questi e prima e più di altri gli innocenti indifesi e incapaci di parlare e di difendersi stando ancora nel grembo materno. Sottostante a tutto infatti per poter reggere una vera civiltà inclusiva di tutti è certamente il diritto alla vita di chi è ancora soltanto nel grembo materno.

Da questo spazio di vita e non di morte si può coerentemente e generosamente irradiare e diffondere un impegno che può definirsi "per la vita, sempre" ed avere così la forza morale, spirituale, civile e sociale di fare altrettanto perché vinca la giustizia e la condivisione in tutti gli ambiti di vita e in tutte le tensioni sociali. L'insistenza sul diritto alla vita e sulla difesa della vita fin dal concepimento non comporta alcuna trascuratezza della vita in altri momenti e situazioni, ma esattamente l'opposto, per fondare sempre meglio ogni altro diritto-dovere perché si diffonda la giustizia e diventi possibile la civiltà dell'amore.

La caratteristica di giornale "frontalmente cattolico" è stata interpretata da me in questa linea e proprio per questo motivo quei tredici anni in verità stanno dentro di me come una grande e permanente passione e convinzione, che come tale può essere ancora feconda di bene e di umanità sana. Anzi addirittura oserei dire che diversamente, lasciando cioè solo al passato tale passione e convinzione per la vita fin dal suo concepimento, rischieremmo, come già in parte avvenuto, di assuefarci passivamente ignari e svagati a drammi e tragedie che feriscono in profondità la nostra umanità

Mi ha sostenuto in questa fatica una consegna di mia mamma, ignara di giornali e non addetta ad eventi culturali, ma che della visione cristiana della vita aveva forte convinzione e ne conosceva sapientemente il segreto e la forza, dicendomi spesso: "prima di scrivere pensaci bene, ma quando hai pensato bene, non temere di scrivere" facendomi così dono di una grande libertà. Forse qualcuno può essere stato contento che sia stato posto fine al tempo del mio impegno al Resegone, perché è comprensibile che un giornale non abbia il consenso di tutti, anzi questo sta nella stessa natura di uno strumento di comunicazione per contribuire alla formazione dell'opinione pubblica, ma è doveroso che uno strumento di comunicazione dica e dia il meglio di sé proprio e soprattutto in ordine al senso della vita. Altrimenti a che serve? Perché dovrebbe esistere un giornale di ispirazione cristiana?

Gli amici che hanno compiuto la fatica di riproporre in questo spazio web gli anni del mio servizio a Lecco dalle pagine de "Il Resegone" titolandolo "Per la vita, sempre" hanno compreso molto bene il perché ispiratore di tanti articoli, scritti a volte di getto e anche di notte,  ma come momento "focus" sulla questione della vita in se' e in tutte le sue dimensioni e complessità, "focus" frutto di osservazione costante e attenta, tra documentazioni, confronti, riflessioni, preghiera, dibattiti, momenti di fuoco per la vivacità del confronto culturale. È  quindi più esatto e pertinente dire che "di getto" significa sintesi di tutto ciò che è in gioco alla luce di un destino in cui ogni creatura anche piccolissima è e ha già tutto per esserci e vivere degnamente fino al compimento naturale della sua vita.

Devo ringraziare non solo questi amici per la loro fatica e fiducia, ma anche tutti i miei collaboratori e quanti hanno osservato e discusso i fatti e le questioni allo stesso "tavolo" a cui guardo con un particolare inedito o quasi. Eccolo: nei mesi estivi del 1986, tra le tante corrispondenze intercorse nel passaggio da Lecco a Tradate, mi raggiunse in busta chiusa una cartolina firmata da una combattiva femminista. Con mia sorpresa e stupore grato: la cartolina era un campo di fiori, sul retro a mano portava questa scritta "Ringrazio per aver seminato valori anche in campo avverso". Mi commossi e in silenzio ho pregato e ringraziato, perché la vita ti apre sempre e ti fa scoprire e riconoscere le sue ragioni. Sulla vita di ogni persona, dal suo primo e fondante diritto alla vita, è necessario e sempre urgente coltivare e tenere vivo un atteggiamento costante di resistenza coraggiosa e propositiva, senza concedersi ad alcuna resa passiva.

L'augurio che esprimo è che questi articoli possano servire non a soddisfare la nostalgia di pochi, ma piuttosto a stimolare la consapevolezza di molti per una questione di rilevanza umana, quindi etica, sociale, civile e politica per tutta la comunità delle donne e degli uomini del nostro tempo nel vasto campo che è il mondo, la questione della vita, sempre, quindi l'autenticità e bontà dei rapporti più delicati e fondamentali della nostra umana esperienza. Con gratitudine e speranza, con un inno gioioso alla vita, anche quando accoglierla e amarla costa fatica, dolore, sacrificio. Non è solo una questione religiosa, è il cardine di ogni questione civile.

Gli articoli, almeno alcuni, possono risentire del clima del momento contingente, ma tutti custodiscono, anche dentro l'impatto caldo, ma non condizionante, delle vicende concrete, lo stesso e mai trascurabile tesoro della bellezza sorprendente della vita nascente.

Luigi Stucchi

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